Biografia
Enrico Bonino è nato ad Albissola Marina (Savona) il 6 dicembre 1922.
Il padre Fernando dirigeva l’ufficio postale della cittadina, il nonno Angelo ne era stato il farmacista. Il bisnonno Bartolomeo, uomo di lettere, era in corrispondenza con Alessandro Manzoni.
La madre Fanny Bisestro, nativa di Mombaldone, impiegata postale, si dedicò alla cura della famiglia.
Enrico terminò gli studi superiori a Savona, poi dovette abbandonare l’Università a causa degli eventi di guerra e della prematura morte del padre.
Visse a lungo alla macchia durante l’occupazione nazista.
Sposò Franca Saettone nella primavera del 1946 ed ebbe con lei due figli: Fernando, che sposò nel 1977 Graziella Rolando avendone due figli, Enrico Jr e Francesca e Maria Fanny che sposò nel 1973 Lino Ferrari, al quale diede il figlio William.
Enrico Bonino trascorse la sua vita nel paese natìo, del quale fu amministratore pubblico fin dal 1946 e sindaco dal 1968 al 1974, con frequenti periodi di soggiorno a Mombaldone.
Funzionario della Camera di Commercio di Savona, fu redattore capo di “Savona Economica”, organo di stampa dell’ Ente.
Ha presieduto l’Azienda Autonoma di Soggiorno delle Albissole.
Commendatore al merito della Repubblica dal 1982.
Presidente Onorario della Sezione Ligure del Sindacato Libero Scrittori Italiani, è stato collaboratore artistico della “Sala Teresiana” di Arenzano e succedette all’insigne letterato Aldo Capasso alla presidenza del Premio Nazionale di Poesia Streghetta - Noli
Collaboratore di molti giornali e riviste letterarie, ha pubblicato libri in un lungo arco di tempo (si veda la sezione “Opere” ), ed è inserito in numerose antologie italiane e straniere, tra le quali “Letteratura Italiana Contemporanea” diretta e curata, tra gli altri, da Carlo Bo, Alberto Frattini, Gaetano Mariani e Mario Petrucciani (Ed. Lucarini – Roma 1982).
Innumerevoli premi e riconoscimenti di assoluto rilievo nazionale sono stati tributati alle sue opere: suoi componimenti sono stati tradotti in diverse lingue, diffusi e apprezzati all'estero (si vedano le sezioni "Opere" e "Critica").
Amico e sodale di Angelo Barile, Adriano Grande, Camillo Sbarbaro, strinse rapporti di grande affinità intellettuale con Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo e Rafael Alberti.
Tra gli altri ( si veda la sezione “Critica”) hanno scritto di lui: Carlo Betocchi, Carlo Bo, Giorgio Caproni, Giacomo Oreglia, Piero Raimondi, Giovanni Titta Rosa.
Nel 1994 gli è stata conferita la “Laurea Honoris Causa” in Lettere e Filosofia.
Enrico Bonino ha lasciato la vita terrena il 13 luglio 2005.
Sabato 16 luglio 2016 l' Amministrazione Comunale di Albissola Marina ha intitolato ad Enrico Bonino la piazza in fregio alla Passeggiata degli Artisti con la denominazione “Anfiteatro Enrico Bonino – Poeta – 1922 2005”
Enrico Bonino è nato ad Albissola Marina (Savona) il 6 dicembre 1922.
Il padre Fernando dirigeva l’ufficio postale della cittadina, il nonno Angelo ne era stato il farmacista. Il bisnonno Bartolomeo, uomo di lettere, era in corrispondenza con Alessandro Manzoni.
La madre Fanny Bisestro, nativa di Mombaldone, impiegata postale, si dedicò alla cura della famiglia.
Enrico terminò gli studi superiori a Savona, poi dovette abbandonare l’Università a causa degli eventi di guerra e della prematura morte del padre.
Visse a lungo alla macchia durante l’occupazione nazista.
Sposò Franca Saettone nella primavera del 1946 ed ebbe con lei due figli: Fernando, che sposò nel 1977 Graziella Rolando avendone due figli, Enrico Jr e Francesca e Maria Fanny che sposò nel 1973 Lino Ferrari, al quale diede il figlio William.
Enrico Bonino trascorse la sua vita nel paese natìo, del quale fu amministratore pubblico fin dal 1946 e sindaco dal 1968 al 1974, con frequenti periodi di soggiorno a Mombaldone.
Funzionario della Camera di Commercio di Savona, fu redattore capo di “Savona Economica”, organo di stampa dell’ Ente.
Ha presieduto l’Azienda Autonoma di Soggiorno delle Albissole.
Commendatore al merito della Repubblica dal 1982.
Presidente Onorario della Sezione Ligure del Sindacato Libero Scrittori Italiani, è stato collaboratore artistico della “Sala Teresiana” di Arenzano e succedette all’insigne letterato Aldo Capasso alla presidenza del Premio Nazionale di Poesia Streghetta - Noli
Collaboratore di molti giornali e riviste letterarie, ha pubblicato libri in un lungo arco di tempo (si veda la sezione “Opere” ), ed è inserito in numerose antologie italiane e straniere, tra le quali “Letteratura Italiana Contemporanea” diretta e curata, tra gli altri, da Carlo Bo, Alberto Frattini, Gaetano Mariani e Mario Petrucciani (Ed. Lucarini – Roma 1982).
Innumerevoli premi e riconoscimenti di assoluto rilievo nazionale sono stati tributati alle sue opere: suoi componimenti sono stati tradotti in diverse lingue, diffusi e apprezzati all'estero (si vedano le sezioni "Opere" e "Critica").
Amico e sodale di Angelo Barile, Adriano Grande, Camillo Sbarbaro, strinse rapporti di grande affinità intellettuale con Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo e Rafael Alberti.
Tra gli altri ( si veda la sezione “Critica”) hanno scritto di lui: Carlo Betocchi, Carlo Bo, Giorgio Caproni, Giacomo Oreglia, Piero Raimondi, Giovanni Titta Rosa.
Nel 1994 gli è stata conferita la “Laurea Honoris Causa” in Lettere e Filosofia.
Enrico Bonino ha lasciato la vita terrena il 13 luglio 2005.
Sabato 16 luglio 2016 l' Amministrazione Comunale di Albissola Marina ha intitolato ad Enrico Bonino la piazza in fregio alla Passeggiata degli Artisti con la denominazione “Anfiteatro Enrico Bonino – Poeta – 1922 2005”
Il contesto
(tratto da “Intervista a Enrico Bonino” di Simona Poggi)
D. che cosa ricorda di Albissola del II dopoguerra?
R. Dopo la cruda parentesi della II guerra mondiale (ogni conflitto bellico separa sempre e con stacchi vertiginosi due epoche), la seconda metà del secolo scorso fu caratterizzata da un concomitante risveglio di energie prolifiche in quasi tutti i settori della vita nazionale: sociale, economico, politico, culturale.
Le rovine morali e materiali che dal 1940 al 1945 avevano deturpato e insanguinato il volto e l’animo del “Bel Paese”, presto si rimarginarono, anche in Albissola.
Gli anni che potremmo definire della “guerra civile”, qualora la nefasta e famigerata Repubblica di Salò non avesse esibito le stimmate di uno stato fantoccio voluto e guidato dai nazisti di Hitler, con la pretesa di imporre a un’Italia che aveva dimostrato con la Resistenza (vero e autentico movimento di popolo, pur se talvolta talune ombre o paventati esiti ne turbarono l’epopea realmente eroica) di meritarsi una moderna ed efficiente libera democrazia, ebbene, quegli anni avevano offerto al Paese, alle nuove generazioni l’immagine di un secondo Rinascimento, sia sociale che culturale.
D. mi può parlare della vita letteraria di quel periodo?
R. Nel contesto letterario degli anni immediatamente precedenti il conflitto, Albissola aveva già vissuto una certa sua stagione singolare imperniata sulla fabbrica di ceramiche Mazzotti (Tullio - Mazzotti – d’Albissola) che presto divenne il centro di uno spezzone (per così dire) “futurista” che ospitò i maggiori esponenti dell’epoca da Marinetti a Fillia, daFarfa a Nicolay Dulgheroff, da Bruno Munari a Nino Servettaz, da Nino Strada al Bianco, Alf Gaudenzi e altri. Per contro, Angelo Barile aveva stretto relazioni di solidale amicizia con Adriano Grande, con Camillo Sbarbaro, con Montale, Ettore Serra, Betocchi e altri poeti e scrittori che, al di fuori di ogni suggestivo clamore legato ai fasti di un futurismo spentosi nell’immediato dopoguerra, viveva un suo tempo non certo improntato all’intenso dinamismo futurista (cui non fu estraneo un propizio interesse del fascismo), ma silenzioso e vigile e che privilegiava “in primis” i contenuti. L’essenza esistenziale, la cultura, gli aspetti meno eroici ma più naturali, semplici, normali del quotidiano…
…Ma torniamo al secondo dopoguerra e alla cultura che anche nella mia Albissola subì, come già detto, un progressivo risveglio al pari delle altre strutture socio-economiche-comportamentali.
Ebbi modo, oltre che per diretta conoscenza altresì come pubblico amministratore (nda.Comune, Azienda di Soggiorno, Azienda di Promozione Turistica, pubblicista, funzionario di Ente Pubblico) di seguire e anche promuovere, coordinare, favorire o sostenere iniziative, proposte, progetti.
Mi si affaccia subito alla mente la festosa stagione dei “Trebbi Poetici” di Toni Comello e Walter della Monica, culminati nel “Premio Trebbo poetico” Celle Ligure (15 settembre 1959 presieduto da Giuseppe Ungaretti – il sottoscritto ne fu segretario), ai quali ero stato aggregato ai fini di “portare”, alla guisa degli antichi Trovatori, la poesia dei nostri maggiori del ‘900 e dei “grandi” del passato, sulle piazze, nelle strade, sui sagrati delle chiese, sempre suscitando una vera e propria festa di popolo e di giovani.
Nel 1950, già si era celebrato un “Premio di Poesia – Albissola” che vantava in giuria Pietro Jahier ... anche il nostro glorioso Pozzo Garitta, uno degli angoli più suggestivi del paese, ebbe momenti di illustre notorietà. Vi ospitammo non solo serate di poesia, mostre di pittura e ceramica, ma pure “pièce” teatrali di Goldoni, Pirandello, Ibsen.
Non va dimenticata l’annuale serie della “Rosa d’Oro”, divenuta poi”Amoa d’ou” (amoa: boccale di terracotta), onorificenze auree assegnate a un artista già in fama, foggiata da Esa d’Albisola.
Tale tradizione è stata ripresa nel 1996 dall’amministrazione comunale con l’ “Oscar di Albissola” modellato da Sergio Dangelo.
Intanto, nel corso delle ferventi estati albissolesi, si susseguivano a Villa Faraggiana concerti di solisti o per orchestra, affidati al maestro musicista Walter Ferrato, al famoso “Quartetto Viotti”, al pianista Arturo Benedetti Michelangeli, mentre a Villa Gavotti, nel suggestivo parco all’italiana, per alcuni anni venivano con successo programmate opere musicali del ‘700 e l’amico Giacomo Oreglia, già Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma e docente in quella Università, organizzava nelle nostre zone mirabolanti “Settimane Svedesi” che ci arricchivano di cultura nordica, mentre in quelle terre da noi lontane si esportava le nostre lettere ed arti…
A cavallo tra il finire degli anni sessanta e settanta, ai Bagni Nettuno venivano organizzate sull’arenile cene notturne a base di spaghettate, sontuose fritture di pescato e ottimo “nostralino” con la partecipazione dei personaggi che popolavano d’arte le nostre estati: i pittori, scultori, ceramisti Fabbri, Rossello, Salino, Lam, Caldanzano, i poeti Barile e Grande, gli scrittori Milena Milani, Titta Rosa, Betocchi, l’attore Carlo D’Angelo e quant’altri si trovavano nel raggio di quei guizzanti falò che illuminavano le notti illuni o si accompagnavano alle sesquipedali lune arancione, che Antonio Siri immortalò con la terracotta e i pennelli.
Mi soffermo infine brevemente su tre eventi, particolarmente sentiti in Albissola e intensamente vissuti.
Il 1968 fu l’anno di Rafael Alberti: quell’anno l’onorificenza “Rosa d’oro” fu assegnata al pittore ceramista Aligi Sassu (da qualche anno già trapiantato in Catalogna). Si pensò a una estrosa e brillante “presentazione “ di Rafael Alberti, allora in esilio a Roma.
Quella sera dell’estate 1968, fu un momento memorabile negli annali delle autentiche “performances” che da tempo animavano la stagione culturale della nostra cittadina.
A Villa Faraggiana, Alberti si esibì in uno spettacolare monologo, che non tralasciò di dedicare un umoristico ma pure commosso e sensazionale “exploit” alla sua Spagna, alla sua Andalusia, ancora sotto il tallone e la dittatura del “franchismo”.
L’insigne mostra “Il ritratto oggi”, rassegna d’arte internazionale, inaugurata nell’agosto del 1973, nei saloni di Villa Faraggiana, organizzata dall’Amministrazione Comunale della quale ero sindaco, la cui memoria è stata affidata a un catalogo di indubbia e rilevante caratura…Una delle manifestazioni culturali più impegnate e sicuramente di livello internazionale mai allestite, e non soltanto in Albissola.
In quegli anni Albissola ospitò il poeta, fresco “Premio Nobel”, Salvatore Quasimodo. Una autentica festa di popolo, come lo fu per Giuseppe Ungaretti, culminata con l’offerta di un’anfora in ceramica, il tradizionale “biancoblù” alla presenza di artisti insigni, da Angelo Barile, a Titta Rosa, a Enzo Fabiani e tanti altri.
Anche se non immune da errori o inesattezze, val la pena di ricordare il corposo volume “L’avventura artistica di Albisola” stampata nel 1993 dall’”Editrice Liguria” e dovuta alla paziente fatica dei coniugi Luciano e Margherita Gallo Pecca che passarono in rassegna, corredandola con fotografie e altro materiale d’epoca, gli “anni ruggenti” albissolesi che vanno dal 1920 al 1990.
Nota: si troverà singolare che il nome di Albissola venga scritto ora con una, ora con due esse: si tratta di una stranezza dell’Istituto Araldico di Stato che ha consegnato alla burocrazia il nome di Albissola per il comune di Marina e di Albisola per il comune di Superiore. Gli artisti prediligono , infischiandosi della burocrazia, il nome con una sola esse per ambedue le cittadine.
(tratto da “Intervista a Enrico Bonino” di Simona Poggi)
D. che cosa ricorda di Albissola del II dopoguerra?
R. Dopo la cruda parentesi della II guerra mondiale (ogni conflitto bellico separa sempre e con stacchi vertiginosi due epoche), la seconda metà del secolo scorso fu caratterizzata da un concomitante risveglio di energie prolifiche in quasi tutti i settori della vita nazionale: sociale, economico, politico, culturale.
Le rovine morali e materiali che dal 1940 al 1945 avevano deturpato e insanguinato il volto e l’animo del “Bel Paese”, presto si rimarginarono, anche in Albissola.
Gli anni che potremmo definire della “guerra civile”, qualora la nefasta e famigerata Repubblica di Salò non avesse esibito le stimmate di uno stato fantoccio voluto e guidato dai nazisti di Hitler, con la pretesa di imporre a un’Italia che aveva dimostrato con la Resistenza (vero e autentico movimento di popolo, pur se talvolta talune ombre o paventati esiti ne turbarono l’epopea realmente eroica) di meritarsi una moderna ed efficiente libera democrazia, ebbene, quegli anni avevano offerto al Paese, alle nuove generazioni l’immagine di un secondo Rinascimento, sia sociale che culturale.
D. mi può parlare della vita letteraria di quel periodo?
R. Nel contesto letterario degli anni immediatamente precedenti il conflitto, Albissola aveva già vissuto una certa sua stagione singolare imperniata sulla fabbrica di ceramiche Mazzotti (Tullio - Mazzotti – d’Albissola) che presto divenne il centro di uno spezzone (per così dire) “futurista” che ospitò i maggiori esponenti dell’epoca da Marinetti a Fillia, daFarfa a Nicolay Dulgheroff, da Bruno Munari a Nino Servettaz, da Nino Strada al Bianco, Alf Gaudenzi e altri. Per contro, Angelo Barile aveva stretto relazioni di solidale amicizia con Adriano Grande, con Camillo Sbarbaro, con Montale, Ettore Serra, Betocchi e altri poeti e scrittori che, al di fuori di ogni suggestivo clamore legato ai fasti di un futurismo spentosi nell’immediato dopoguerra, viveva un suo tempo non certo improntato all’intenso dinamismo futurista (cui non fu estraneo un propizio interesse del fascismo), ma silenzioso e vigile e che privilegiava “in primis” i contenuti. L’essenza esistenziale, la cultura, gli aspetti meno eroici ma più naturali, semplici, normali del quotidiano…
…Ma torniamo al secondo dopoguerra e alla cultura che anche nella mia Albissola subì, come già detto, un progressivo risveglio al pari delle altre strutture socio-economiche-comportamentali.
Ebbi modo, oltre che per diretta conoscenza altresì come pubblico amministratore (nda.Comune, Azienda di Soggiorno, Azienda di Promozione Turistica, pubblicista, funzionario di Ente Pubblico) di seguire e anche promuovere, coordinare, favorire o sostenere iniziative, proposte, progetti.
Mi si affaccia subito alla mente la festosa stagione dei “Trebbi Poetici” di Toni Comello e Walter della Monica, culminati nel “Premio Trebbo poetico” Celle Ligure (15 settembre 1959 presieduto da Giuseppe Ungaretti – il sottoscritto ne fu segretario), ai quali ero stato aggregato ai fini di “portare”, alla guisa degli antichi Trovatori, la poesia dei nostri maggiori del ‘900 e dei “grandi” del passato, sulle piazze, nelle strade, sui sagrati delle chiese, sempre suscitando una vera e propria festa di popolo e di giovani.
Nel 1950, già si era celebrato un “Premio di Poesia – Albissola” che vantava in giuria Pietro Jahier ... anche il nostro glorioso Pozzo Garitta, uno degli angoli più suggestivi del paese, ebbe momenti di illustre notorietà. Vi ospitammo non solo serate di poesia, mostre di pittura e ceramica, ma pure “pièce” teatrali di Goldoni, Pirandello, Ibsen.
Non va dimenticata l’annuale serie della “Rosa d’Oro”, divenuta poi”Amoa d’ou” (amoa: boccale di terracotta), onorificenze auree assegnate a un artista già in fama, foggiata da Esa d’Albisola.
Tale tradizione è stata ripresa nel 1996 dall’amministrazione comunale con l’ “Oscar di Albissola” modellato da Sergio Dangelo.
Intanto, nel corso delle ferventi estati albissolesi, si susseguivano a Villa Faraggiana concerti di solisti o per orchestra, affidati al maestro musicista Walter Ferrato, al famoso “Quartetto Viotti”, al pianista Arturo Benedetti Michelangeli, mentre a Villa Gavotti, nel suggestivo parco all’italiana, per alcuni anni venivano con successo programmate opere musicali del ‘700 e l’amico Giacomo Oreglia, già Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma e docente in quella Università, organizzava nelle nostre zone mirabolanti “Settimane Svedesi” che ci arricchivano di cultura nordica, mentre in quelle terre da noi lontane si esportava le nostre lettere ed arti…
A cavallo tra il finire degli anni sessanta e settanta, ai Bagni Nettuno venivano organizzate sull’arenile cene notturne a base di spaghettate, sontuose fritture di pescato e ottimo “nostralino” con la partecipazione dei personaggi che popolavano d’arte le nostre estati: i pittori, scultori, ceramisti Fabbri, Rossello, Salino, Lam, Caldanzano, i poeti Barile e Grande, gli scrittori Milena Milani, Titta Rosa, Betocchi, l’attore Carlo D’Angelo e quant’altri si trovavano nel raggio di quei guizzanti falò che illuminavano le notti illuni o si accompagnavano alle sesquipedali lune arancione, che Antonio Siri immortalò con la terracotta e i pennelli.
Mi soffermo infine brevemente su tre eventi, particolarmente sentiti in Albissola e intensamente vissuti.
Il 1968 fu l’anno di Rafael Alberti: quell’anno l’onorificenza “Rosa d’oro” fu assegnata al pittore ceramista Aligi Sassu (da qualche anno già trapiantato in Catalogna). Si pensò a una estrosa e brillante “presentazione “ di Rafael Alberti, allora in esilio a Roma.
Quella sera dell’estate 1968, fu un momento memorabile negli annali delle autentiche “performances” che da tempo animavano la stagione culturale della nostra cittadina.
A Villa Faraggiana, Alberti si esibì in uno spettacolare monologo, che non tralasciò di dedicare un umoristico ma pure commosso e sensazionale “exploit” alla sua Spagna, alla sua Andalusia, ancora sotto il tallone e la dittatura del “franchismo”.
L’insigne mostra “Il ritratto oggi”, rassegna d’arte internazionale, inaugurata nell’agosto del 1973, nei saloni di Villa Faraggiana, organizzata dall’Amministrazione Comunale della quale ero sindaco, la cui memoria è stata affidata a un catalogo di indubbia e rilevante caratura…Una delle manifestazioni culturali più impegnate e sicuramente di livello internazionale mai allestite, e non soltanto in Albissola.
In quegli anni Albissola ospitò il poeta, fresco “Premio Nobel”, Salvatore Quasimodo. Una autentica festa di popolo, come lo fu per Giuseppe Ungaretti, culminata con l’offerta di un’anfora in ceramica, il tradizionale “biancoblù” alla presenza di artisti insigni, da Angelo Barile, a Titta Rosa, a Enzo Fabiani e tanti altri.
Anche se non immune da errori o inesattezze, val la pena di ricordare il corposo volume “L’avventura artistica di Albisola” stampata nel 1993 dall’”Editrice Liguria” e dovuta alla paziente fatica dei coniugi Luciano e Margherita Gallo Pecca che passarono in rassegna, corredandola con fotografie e altro materiale d’epoca, gli “anni ruggenti” albissolesi che vanno dal 1920 al 1990.
Nota: si troverà singolare che il nome di Albissola venga scritto ora con una, ora con due esse: si tratta di una stranezza dell’Istituto Araldico di Stato che ha consegnato alla burocrazia il nome di Albissola per il comune di Marina e di Albisola per il comune di Superiore. Gli artisti prediligono , infischiandosi della burocrazia, il nome con una sola esse per ambedue le cittadine.